1) Hitotsu, Jinkaku Kansei ni
Tsutomuru Koto (cerca
di perfezionare il carattere)
Hitotsu primo,
il fatto che si ripete sempre prima di ogni
frase è perché tutti e cinque i punti sono di
primaria importanza
Jinkaku carattere
delle persone
Kansei formare,
costruire avvicinare, completare
ni nel/nella
Tsutomuru cercare di
portare, sforzarsi per avvicinarsi a qualche
cosa
Koto indica
fare, inteso come rafforzativo del verbo (fai
che sia così)
2) Hitotsu, Makoto no Michi o Mamoru Koto
(percorri
la via della sincerità)
Hitotsu primo,
il fatto che si ripete sempre prima di ogni
frase è perché tutti e cinque i punti sono di
primaria importanza
Makoto sincerità
no di
Michi via
Mamoru obbedire,
seguire, tener fede
Koto indica
fare, inteso come rafforzativo del verbo (fai
che sia così)
3) Hitotsu, Doryoku no Seishin o Yashinau Koto
(rafforza
instancabilmente lo spirito)
Hitotsu primo,
il fatto che si ripete sempre prima di ogni
frase è perché tutti e cinque i punti sono di
primaria importanza
Doryoku sforzo,
mantenere un impegno
Seishin spirito,
mente
Yashinau coltivare,
elevare, migliorare
Koto indica
fare, inteso come rafforzativo del verbo (fai
che sia così)
4) Hitotsu, Reigi o Omonzuru Koto (osserva
un comportamento impeccabile)
Hitotsu primo,
il fatto che si ripete sempre prima di ogni
frase è perché tutti e cinque i punti sono di
primaria importanza
Reigi etichetta,
cortesia, rispetto, saluto verso qualche cosa
Omonzuru onorare,
rispettare, cercare di mantenere
Koto indica
fare, inteso come rafforzativo del verbo (fai
che sia così)
5) Hitotsu, Kekki no Yu o Imashimuru Koto (astieniti
dalla violenza e acquisisci l’autocontrollo)
Hitotsu primo,
il fatto che si ripete sempre prima di ogni
frase è perché tutti e cinque i punti sono di
primaria importanza
Kekki sangue,
spirito impulsivo, spirito animale, troppo
aggressivo
Yu coraggio
Imashimuru controllare,
frenare, limitare
Koto indica fare,
inteso come rafforzativo del verbo (fai che sia
così)
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Rei
Il
Saluto
Il karate inizia con il rispetto
e finisce con il rispetto
Rei-No-Kokoro,
lo spirito del rispetto
l Rei è un importante aspetto del modus vivendi
orientale, è «la norma più importante della vita
sociale secondo il confucianesimo»; può esser
identificato con la ritualità ed in particolar
modo con l’etichetta e la cortesia da cui deriva
la parola reigi 礼儀 (composta dai kanji REI e GI,
quest’ultimo col significato di “convenzione o
obbligo sociale”). Per estensione rei ha assunto
il significato di ringraziamento, saluto e –
nello specifico – inchino (in giapponese keirei
敬礼). Il rei è un concetto fondamentale per tutte
le arti marziali di origine giapponese in quanto
espressione della cortesia, del rispetto e della
sincerità. Il rituale del saluto è semplice
nella sua forma esteriore, ma molto complesso
nel suo aspetto interiore; è una presa di
coscienza di se stessi, dei compagni, della
palestra e dell’arte che si sta per praticare e
non deve mai diventare un automatismo,
un’abitudine o un obbligo imposto dal maestro.
Il saluto non simboleggia una superficiale
manifestazione di educazione, ma un lavoro
completo sulla persona: la ricerca di una
migliore adesione alla via (Dō 道). Il
praticante, attraverso il saluto, si predispone
correttamente all’allenamento, che richiede
pazienza, umiltà e controllo dei propri
sentimenti , e dunque un lavoro disciplinato,
costante e diligente. Questo è lo spirito della
via marziale: l’umiltà è un atteggiamento che
bisogna assumere nella vita, la prima lotta che
bisogna vincere è quella contro la propria
presunzione.
Il saluto rappresenta una
cerimonia che precede e conclude ogni
allenamento o manifestazione, il rispetto verso
il
Dojo,
luogo dove
scorre il Do, la Via,
il Maestro
Sensei,
e per l'allievo più anziano
(Sempai).
Nel Karate vi sono due
tipi di saluto: il
Ritzu-Rei
chiamato anche
Taci-Rei,
saluto stando in
piedi e
il
Za-Rei,
Saluto
seduti in
ginocchio.
Il saluto nel Karate
deve essere non una forme di
sottomissione, ma di rispetto reciprocò.
Esecuzione Del Saluto
La complessità simbolica del saluto implica, in
senso posturale, l’allineamento perfetto del
ventre, del busto e della testa, centri,
rispettivamente, della volontà, dell’emotività e
dell’intelletto. La posizione del saluto è
inizialmente verticale ed esprime la “via
spirituale”; si inclina poi orizzontalmente, ad
indicare la “via materiale”; tanto più è
profondo l’inchino tanto maggiore è rispetto
portato nei confronti di chi lo riceve. Dal
punto di vista tecnico il saluto può essere
collettivo o individuale, effettuato in piedi (ritsurei)
o in ginocchio (zarei). Al momento di entrare
nel dōjō bisogna salutare con un inchino
discreto e sincero rivolto alla “sede superiore”
(kamiza) e lo stesso inchino deve essere
eseguito ogni volta che i praticanti si pongano
di fronte o eseguano un esercizio di forma (kata).
Il
Saluto In Piedi: Ritzu-Rei o Taci-Rei
Il saluto in piedi (ritsurei,
立礼 in giapponese) deriva dal saluto
consuetudinario giapponese e viene eseguito
unendo prima i talloni, mantenendo il busto e la
nuca ben eretti e portano le mani con le dita
tese e serrate lungo le cosce; questa posizione
va mantenuta fino a che lo stato d’animo si sia
fatto calmo e consapevole, quindi si piega poi
in avanti il busto ed infine si torna in
posizione eretta, «molti istruttori raccomandano
di non piegarsi troppo in avanti in maniera da
far vedere la nuca alle persone che si trovano
davanti»
Nel Karate, Ritsu Rei o
Taci-Rei si esegue in piedi in posizione Musubi-Dachi talloni uniti, punte divaricate,
braccia lungo i fianchi. si esegue al comando REI,
inclinando leggermente il busto in avanti ed è
accompagnato solitamente dalla parola ÒSS.
L'inchino, che
non deve essere interpretato come atto di
sottomissione, ma di rispetto, ha un rituale che
prevede, stando in piedi gambe unite che non
flettono, talloni uniti e punte dei piedi
divaricate a 45 gradi, braccia lungo i fianchi,
un movimento del busto che si piega in avanti
senza esagerare, testa che resta eretta sul
collo e che segue il corpo permettendo agli
occhi di continuare a vedere avanti per almeno
2-3 metri. Non flessione od estensione del
collo.
Il significato simbolico del saluto in
piedi è quello che ci porta sempre nella
condizione di mostrare rispetto verso le persone
di fronte a noi, le quali devono però notare la
nostra vigilanza o stato di Zanshin che comunque
non fa di noi delle persone sottomesse. A loro
volta le persone salutate mostreranno il loro
rispetto verso di noi attraverso il Tachi-Rei.
Qualsiasi forma di superbia, data dal grado più
elevato o qualsivoglia condizione di
indifferenza, pregiudizio o distrazione, che non
porta a ricambiare del saluto dato è
semplicemente un atto di ignoranza che fa
chiaramente percepire quanto la persona in causa
non abbia in sè l'umiltà ed il rispetto che la
pratica avrebbe dovuto insegnare. Questa forma
di saluto si esegue nei diversi casi, quando si
entra nel Dojo e quando si esce, per qualsiasi
ragione, l'etichetta prevede che si saluti il
Maestro ed i compagni o comunque il Dojo stesso
con un breve inchino " Tachi-Rei ". Se si arriva
in ritardo all'allenamento, ci si mette in Seiza
rivolti verso il Maestro e si attende il suo
saluto, a quel punto si esegue il saluto
tradizionale Za-Rei "saluto in posizione" e si
entra. Se si deve abbandonare l'allenamento
prima del termine, si chiede il permesso al
Maestro, poi, passando dietro a tutti (mai
davanti), ci si porta verso l'uscita, ci si
mette in Seiza rivolti verso il Maestro e si
attende il suo saluto. A quel punto si esegue il
saluto tradizionale Za-Rei e si esce.
Il Saluto In Zazen
- saluto In
posizione inginocchiata
Quando sta per
cominciare la lezione gli allievi si allineano
per grado (il grado più alto all’estrema destra)
lungo la “sede inferiore” del dōjō (shimoza 下座)
mentre il maestro è solito sedersi di fronte a
loro nella “sede superiore”. Dopo che il maestro
si è seduto o da il comando gli allievi, dal
grado più alto al più basso, si siedono nella
tradizionale posizione di seiza 正座. Per mettersi
correttamente in questa posizione bisogna prima
piegare la gamba sinistra ruotando leggeremente
a destra col busto, quindi seguire con la gamba
destra; gli alluci restano a contatto o si
incrociano mentre i talloni, rivolti verso
l’esterno, formano un incavo in cui ci si siede;
la schiena è dritta e la testa eretta, le spalle
sono rilassate e le mani sono appoggiate sulle
cosce coi palmi in basso e le dita rivolte verso
l’interno, le ginocchia sono aperte in modo
naturale – generalmente distanziate da due pugni
– e determinano la stabilità della postura. Il
praticante deve tenere la colonna vertebrale
diritta per potere respirare in modo corretto.
In arti marziali in cui
si indossa uno hakama, come il kendo o l’aikido,
bisogna stare attenti che questo rimanga in
ordine anche quando si è seduti; inoltre nel
kendo lo shinai va appoggiato sul lato sinistro
con l’impugnatura verso avanti e la tsuba
all’altezza del ginocchio.
Dalla posizione di
seiza è possibile la pratica della meditazione (mokusō
黙想), seguita nel più profondo silenzio per
consentire il raggiungimento dell’armonia e
della concentrazione; uno degli elementi
essenziali di questa cerimonia si esprime
nell’immobilità fisica e nel silenzio, che
permettono di spogliarsi delle proprie
preoccupazioni e di farsi ricettivi agli
insegnamenti impartiti dal maestro.
- Za-Rei -
Sempre dalla posizione
di seiza è quindi eseguibile l’inchino detto
zarei 座礼. Si esegue appoggiando sul terreno di
fronte a sé prima la mano sinistra e poi la
destra con i palmi in basso e le dita serrate e
rivolte leggermente verso l’interno, quindi si
esegue un inchino in avanti senza sollevare i
fianchi dall’incavo dei calcagni. Questa
ritualità è il retaggio della casta dei samurai
e, in caso di necessità, permetteva loro di
sguainare agevolmente la spada anche da una
posizione così svantaggiata; inoltre la
«tradizione marziale narra che nessun guerriero
degno di tal nome abbassava la testa al punto di
perdere di vista le mani della persona che gli
stava di fronte, esponendosi così ad un attacco
improvviso ed imparabile»Le espressioni verbali
che precedono l’inchino vero e proprio sono
solitamente scandite dall’allievo più anziano (senpai
先輩), seduto a capofila all’estrema destra degli
allievi, e possono variare a seconda delle
circostanze e possono essere:
-
«Shōmen ni rei», il
saluto allo shōmen 正面, ossia il lato
anteriore della palestra, ed esprime la
riconoscenza dei praticanti per il karate.
Il suo significato riposa sul principio
filosofico che l’uomo debba rivolgersi a
qualcosa di più grande ed importante di lui
prima di dedicarsi alle cose mondane.
-
«Kamiza ni rei», il
saluto al kamiza 上座, ossia la sede superiore
del dōjō; è una variante del precedente.
-
«Shizen ni rei», il
saluto rivolto al kami 神, solitamente si
tratta dello spirito (o degli spiriti)
protettore del dōjō, dell’altare o degli
antenati; concetti chiramente legati alla
tradizione shintoista.
-
«Sensei ni rei», il
saluto al maestro (sensei 先生).
-
«Senpai ni rei» il
saluto all’allievo più anziano, che
sostituisce il maestro quando quest’ultimo
non è presente.
-
«Shihan ni rei» o «Hanshi
ni rei», i saluti al maestro superiore,
altamente onorato: shihan 師範 ed in
particolare hanshi 範士 son titoli speciali
riservati a maestri di livello (dan) molto
elevato ed esterno dalla gerarchia della
scuola, che insegna nel dōjō solo in rare
circostanze.
-
«Otagai ni rei», il
saluto reciproco che simboleggia l’unità ed
esprime il rispetto che si deve agli altri.
Solitamente ci si
limita a due o tre di questi saluti.
Alla fine di ogni inchino si torna in posizione
di seiza riportando sulle cosce prima la mano
destra e poi la sinistra; a conclusione
dell’ultimo saluto – solitamente il reciproco –
il maestro si alza ed all’ordine «kiritsu 起立» è
seguito dagli allievi. In alcune palestre si
torna alla posizione eretta rapidamente, con
intenzione ed energia, mentre in altre lo si fa
segunedo all’inverso il rituale col quale ci si
è seduti. In arti marziali che prevedono l’uso
di un’armatura come il kendo o il naginata-do,
l’armatura viene indossata dopo il saluto
rimanendo in posizione di seiza. In alcune
palestre di Karate dopo il saluto vengono
enunciate le cinque regole del dōjō. La
filosofia racchiusa nel saluto si radica durante
l’esercizio e deve estendersi a tutti gli
aspetti quotidiani. Il rei offre un’occasione di
riflessione ad ogni praticante circa il
comportamento da tenere verso gli uomini e verso
la vita.Il saluto è l’essenza del rispetto ed il
rispetto è l’anima dell’arte marziale: se
andasse perso, lo sarebbe anche il valore
dell’arte marziale. (fonte wikipedia)
SEIZA " Sedersi o Inginocchiarsi "
Star seduti in modo
corretto fa parte di molte Arti Giapponesi come
la
cerimonia del tè, l'arte della composizione
floreale fino ad arrivare alle arti marziali.
Seiza "Sedersi con tranquillità o correttamente"
(ideogrammi Sei "Tranquillo o Corretto" e Za "Seduto") è una forma di etichetta che
troviamo non solo in Oriente ma anche in
Occidente. Lo star seduti, ginocchia a terra,
collo del piede appoggiato al pavimento, sedere
appoggiato ai talloni è il modo corretto di far Seiza. Le donne tengono le ginocchia unite, gli
uomini possono distanziarle di un pugno o due.
Schiena diritta e mani appoggiate alle cosce
(varia da scuola a scuola il punto esatto di
appoggio delle mani). Mento leggermente
retratto, piede destro sopra il sinistro e
sopratutto restare rilassati. Secondo coloro che
siedono solitamente così il Seiza è una
posizione molto comoda. Diciamo che Seiza assomiglia ad una posizione di riposo che
tengono per esempio i militari, non si sta
completamente rilassati ma nemmeno sull'attenti.
Si sta vigili. Durante la pratica del Karate non
si deve mai essere troppo rilassati. La mente
deve essere sempre pronta a reagire. Anche da
seduti dunque nel Karate mostriamo di non
restare mai in ozio e che il nostro tempo non va
lasciato trascorrere senza la giusta tensione
emotiva.
MOKUSO "Meditazione"
Molti ritengono che il
Karate sia un'arte di meditazione, un modo per
fare riflessioni su se stessi nel presente. Ed è
per questo che si va nel Dojo a praticare senza
pensare alle circostanze che ci contornano nella
vita di tutti i giorni. Se si potesse rendere
ogni momento della vita un momento di perfezione
sarebbe un bel vivere davvero. Ma tutto ciò è
assai difficile o talvolta quasi impossibile.
Spesso ci si deconcentra, si perde il senso del
presente, si diventa apatici od indifferenti.
Bisognerebbe provare a rendere perfetti almeno i
momenti, pochi, in cui si pratica Karate. Per
raggiungere questo scopo ci si siede in
ginocchio per alcuni istanti prima e dopo
l'allenamento e si pratica il Mokuso. Moku
significa "Silenzio" e So "Pensare". A
discredito di ciò che comunemente molti pensano
e cioè che la meditazione porta a vuotare una
mente, Mokuso significa invece diventare
pienamente coscienti dei propri pensieri.
L'ideogramma So infatti contiene parti che
significano occhio e mente. Messi assieme
significano guardare nel proprio cuore. Mokuso
dunque non è astrazione ma un momento pieno,
ricco di pensieri sulla vita. Durante queste
pause in silenzio i Karateka mettono a fuoco la
vita del presente verso la pratica del Karate
prima ancora di iniziare. Alla fine
dell'allenamento il Mokuso diventa una
opportunità per reinserirsi nella vita al di
fuori del Dojo. Diventa sorprendente come si
possa avere una prospettiva fresca sulla routine
quotidiana dopo essersene allontanati per un
certo tempo. Gli aspetti meditativi del Karate
favoriscono sicuramente lo stato mentale di
apprezzamento verso la vita nella sua essenza.
Il Mokuso viene anche inteso come
riflessione,abbiamo fatto del nostro meglio?
Siamo rimasti concentrati durante la
lezione? Oppure il Mokuso può essere un
momento di gratificazione che ci incoraggi a
fare meglio una prossima volta.
Osu
In special modo nel
karate il saluto è spesso accompagnato dalla
parola “osu” (pronunciata oss). Originariamente
si tratta dell’abbreviazione del termine “ohayō
gozaimasu” (equivalente al nostro “buongiorno”),
successivamente adattata ai kanji 押忍 (osu, per
l’appunto) il cui significato si potrebbe
sommariamente tradurre con “sopportare e
controllare sé stessi” o “tollerare
controllandosi”. Questa espressione viene usata
in palestra quando si salutano i compagni o il
maestro, o quando si manifestano approvazione e
conferma; trasmette, inoltre, un importante
messaggio: il rispetto per l’arte e per la via,
la voglia di superare sé stessi mettendo da
parte l’io a favore del fine ultimo.
Comandi
Al comando Kiotsuke “Mettersi a posto” o
Rei “Saluto” ci si pone in Musubi-Dachi come
Ritzu-Rei. Tutti sono rivolti verso la parete
d’onore “ Shomen ” dove sono affisse le immagine
dei Maestri del passato o del M° Funakoshi “
considerato il fondatore del Karate moderno ”.
Al comando SEIZA “ Sedersi con tranquillità
” si scende prima con il ginocchio sinistro poi
con il destro, nella posizione ZAZEN (busto
eretto, ginocchia divaricate, glutei poggiati
sui talloni, mani appoggiate sulle gambe e
gomiti chiusi).
Al comando Mokuso “ Concentrazione,
Meditazione ” si rimane fermi. (La pronuncia è Moksò saltando la U con la S dolce).
Talvolta, durante il Mokuso, si recita il
Dojo-Kun con il seguente criterio: il Sempai
recita ad alta voce i principi del Dojo-Kun in
Giapponese, gli altri rispondono in Giapponese o
traducendo, tutto ad alta voce.
Al comando Mokuso-Yame “ Fine
concentrazione, meditazione ” si rimane ancora
fermi.
Al comando Shome-Ni-Rei tutti eseguono il salutano “ Za-Rei
”, appoggiare prima la mano sinistra al centro
davanti alle ginocchia, poi la destra formando
un cuneo, piegare il busto in avanti senza
sollevare i glutei dai talloni, ritornare nella
posizione di partenza eseguendo la procedura
all’inverso
Poi il Maestro “ Sensei ” della palestra si gira verso gli
allevi.
Al comando Sensei-Ni-Rei si esegue il saluto al
Maestro della palestra, come descritto sopra.
Al comando Otagai-Ni-Rei “ Tra noi ” tutti eseguono
nuovamente il saluto.
Al comando Kiritzu
“ Alzarsi in piedi ” spostare la gamba destra in
avanti, per poi richiamarla alzandosi vicino
alla sinistra in posizione Musubi-Dachi.
Al comando ÒSS tutti eseguono il saluto, per
poi disporsi per l’inizio della lezione, o alla
chiusura della lezione.
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